sabato 13 agosto 2011

Fetiye. Sul ponte sventola bandiera turca.


La Turchia ci appare come un paese scandinavo con temperature africane. Arriviamo al Golfo di Fetiye con un bel mare formato che, pur con venti deboli,  diventa via via più agitato, mentre approcciamo Kurdoglu Burnu, il capo Ovest del golfo. Entri dentro questa grande baia e ti ritrovi a navigare in un lago calmissimo, costellato di isole, fiordi e canali; ti sembra quasi di stare nell’arcipelago di Stoccolma. Siamo impressionati dal numero di barche che contiamo, stimiamo che in tutto il golfo ce ne siano almeno duemila. Non so se sia sproporzionato il traffico nautico qui o se siamo noi, da troppo tempo a digiuno di compagnia per mare. Certo è che le due cose messe insieme ci lasciano abbastanza storditi. Grazie al cielo, il tasso di presenza di barche a motore è ridotto al minimo, saranno il 3/5% massimo del totale, per il resto barche a vela e caicchi rumorosi. L’atmosfera è lacustre, lo scenario bello ma fin troppo organizzato. Come nei laghi, le profondità sono molto rilevanti e a pochi metri dalla riva i fondali scendono rapidamente a 100 metri, obbligandoti ad ancorare fissando una seconda cima a terra. 
Il risultato visivo è vicino a quello urbano, la costa è puntinata da barche che mi sembra corretto definire, ordinatamente parcheggiate, mentre il centro delle baie è rigorosamente vuoto. Per noi, abituati ad arrivare in ampie baie vuote, gettare l’ancora dove ci pare sapendo che terrà, questo tipo di attività è faticosa.  Nelle altre barche notiamo uno al timone, uno all’ancora e almeno due a portare la cima a terra con un gommone. Noi dobbiamo cavarcela in due, quindi l’operazione è più lenta e allo stesso tempo più laboriosa e concitata. Alla fine ci siamo anche noi in questa cartolina, ordinatamente parcheggiati come gli altri. Viene quasi spontaneo, terminata la lunga procedura di ormeggio, cercare un parcometro per pagare la sosta. Inoltrandosi nel golfo per raggiungere il marina di Fetiye, l’acqua diventa palude, ferma, fermissima. A questo punto ci appare comprensibile e condivisibile il fatto che in Turchia sia obbligatorio per le barche avere il serbatoio delle acque nere a bordo e lo scarico in mare sia severamente sanzionato. In parole più semplici, penso che una cacca scaricata in queste acque immote potrebbe diventare facilmente centenaria prima di dissolversi.  Perdiamo quindi limpidezza, per quanto bello nelle cale più esterne e ventilate del golfo, il mare qui ha proprio l’aspetto lacustre, fondali vellutati e acqua lievemente torbida e limacciosa. Avrete capito che ci sentiamo decisamente più Greci che Turchi. 
Ora però, bisogna che spendiamo una parola a favore di questo Paese che ci ospita. I marina turchi: precisi, efficienti, organizzati. Hanno un costo quasi doppio rispetto a quelli greci ma anche pari alla metà di quelli italiani. L’efficienza però è svizzera. Gli ormeggiatori ti attendono all’ingresso del porto, ti portano la cima del corpo morto col gommone e si offrono di salire in barca per aiutarti nell’ormeggio. Il tutto rapidamente e con la massima perizia e disponibilità. Il marina di Fetiye è un quadrato di pontili galleggianti, i bagni sono sempre perfettamente puliti, e sui lavandini ci sono i vasi con i fiori, la musica nelle docce, le laundry efficienti. A due passi a piedi, anche se con temperature vicino ai 35° sembrano di più, c’è il paese con il suo bazar e le sue viuzze colorate. Sul fianco della montagna, illuminate di notte, le antiche tombe licie. Ogni 3 ore circa, senza sosta anche durante la notte, in filodiffusione il muezzin recita la preghiera oppure si lamenta per il mal di pancia, l’effetto finale è molto simile. Dopo un paio di notti, apprezzi la tua religione che si limita a cantare nel chiuso delle chiese.
La preghiera stereo del muezzin si mescola nel paese di Fetiye con la musica internazionale trasmessa dai locali, non ho visto nessuno prendere il  tappetino e pregare, né interrompere le proprie attività, è come se fosse un semplice rintocco di campane, nulla di più. Se pensavamo che con l’arrivo in Turchia avessimo perso il vento, all’alba ci siamo dovuti ricredere. Ci sveglia un'unica continua raffica lunga un’ora che ha gettato nel panico l’intero marina: i caicchi ormeggiati all’esterno del pontile sono fuggiti via velocemente, le barche all’ancora nella baia sembravano formichine impazzite, i mitici ormeggiatori in gommone volavano a destra e sinistra salvando barche con ormeggi non sufficientemente tesi. 
P'acá y p'allá, invece, resta ben salda al suo ormeggio, ci guarda appena svegli e sembra dirci “fatevi un bel caffè che qui ci penso io”. Per curiosità, guardiamo l’anemometro e scopriamo che il vento ha toccato la raffica record di oltre 74 nodi, ci sembra incredibile, probabilmente un mulinello in testa d’albero, a noi sembravano solo i nostri ormai ben conosciuti 40 nodi. Il tutto dura un’ora, non di più, poi il vento si spegne completamente e il muezzin riprende a cantare.
A Fetiye troviamo Captain Eddy, simpatico filibustiere che detiene il monopolio delle riparazioni nautiche, a cui affidiamo il nostro genoa per la realizzazione di una nuova banda UV ad un prezzo che sarebbe ragionevole in Italia e che in Turchia è decisamente esoso. Ma trattare non è il nostro forte e non tentiamo nemmeno di farlo. Rispetto ai Greci, i Turchi sono chiaramente più furbi e meno sentimentali, vale a dire, come possono ti fregano. Altri 120 euro li regaliamo a un altro filibustiere, l’agente che fa per noi le pratiche per il Transit Log, un visto di ingresso indispensabile per navigare in Turchia. Se avessimo fatto da soli ne avremmo spesi 50 ma lui ci ha messo un’ora mentre si narra che chi ha provato a fare da solo si è perso tra i vari uffici in cui si è costretti ad andare, distanti ovviamente chilometri uno dall’altro, e sia ancora in attesa del famigerato documento.
Imbottiamo i nostri portafogli (si fa per dire) di lire turche, acquistiamo una chiavetta internet turkcell e siamo pronti a partire, consumare velocemente un po’ di Turchia per tornare altrettanto velocemente a casa, ovvero in Grecia.

1 commento:

  1. Ciao sono sempre io, la napoletana.Come è possibile 0 commenti ? E' tutto così fantastico, meraviglioso e vero. Sono stata da quelle parti in barca a vela nostra( ehm ehm : sua )per una decina d'anni d'estate ed ogni vostra parola o pensiero potrebbe essere il mio.Certi posti vanno visti con certi occhi-testa-cuore, e voi ce l'avete, ECCOME !!!Lo so, scrivo da romanticona un pò agé ( ero a Kastellorizo per la prima volta nell'80, ma ero ventenne )Anche io sono a Roma e vorrei incontrarvi per parlare un pò e cercare di capire se c'è ancora posto per me in una barca ( non sono così vecchia poi...)anche se mi rifiuterei di salire in testa d'albero e vado un pò in crisi con venti forti e barca troppo inclinata per me.Il blog è magnifico, le foto spettacolari. Ma siete veri ?
    Scherzo! Ci sentiamo ? Ciao ludovicapenta@hotmail.it

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