venerdì 16 settembre 2011

Che avranno fatto gli abitanti di Patmos per meritarsi tanta beltà?


C’è da chiederselo, davvero. Perché Patmos ha qualcosa di sovrannaturale. Una magia delle forme, una perfezione sinuosa, un incanto, un’architettura delle luci e delle ombre che la rendono un’isola quasi troppo perfetta. I suoi abitanti sono un popolo di eletti e qualcosa di speciale dovranno avere o aver fatto in una vita precedente.
Anche a Patmos siamo sul percorso della memoria, come direbbe mio cognato Luca. 26 anni fa salimmo alla Chora a piedi, oggi affittiamo un motorino... anche se evidentemente conservo in me qualcosa dell’adolescente di allora, provocandomi una lieve ustione sul polpaccio con la marmitta del nostro Kimko People 125. Basta poco a sentirsi ringiovanire, magari brucia ma ne vale la pena. Ma torniamo a Patmos. 
Avete presente quando sulle guide turistiche non sanno che dire dei posti o hanno terminato la fantasia descrittiva? Be’ potete giurarci, leggerete frasi come “Lasciatevi incantare dalla magia del luogo” oppure “perdetevi nel dedalo delle viuzze silenziose” che poi uno si chiede ma perché diavolo mi ci devo perdere? Non posso semplicemente camminarci avendo ben presente dove sto andando e conservando l’orientamento? Poi capisci. 
Quei redattori sono stati a Patmos; infatti, volente o nolente, nelle viuzze imbiancate della Chora di Patmos ti ci perdi davvero. Ogni angolo che giri, trovi 3 o 4 vicoli che salgono, che scendono, alcuni si infilano giù in cortili improbabili, fai fatica a venirne fuori. La vista dalla Chora ti lascia il fiato sospeso: l’istmo di terra con le casette bianche di Skala, il porto, le dolci colline di verde e roccia che al tramonto si tingono di luci ed ombre e contrastano con il mare blu. 
Potresti restare lì seduto per ore, per giorni senza stancarti di guardare. Patmos è una bella isola da girare in motorino, un buon reticolo di strade  ti permette di passare da un versante all’altro velocemente; ovunque ti fermi,  vedi un dedalo di mare e terre, istmi, rocce a strapiombo, colline regolari. Non riusciamo a visitare il monastero di San Giovanni perché apre solo poche ore al giorno ma pazienza, l’aria mistica la respiri comunque tutto intorno. 
Ai mulini incontriamo una coppia di francesi che chiedono a Giovanni di scattar loro una foto: è divertente vedere come gli spiegano il funzionamento della loro automatica e come controllano che la foto sia venuta, d’altra parte non possono sapere di avere a che fare con uno che il fotografo lo fa di professione. Scambiamo due parole e, come sempre, si eccitano a sentire del nostro viaggio, è divertente vedere come ogni persona è interessata ad un aspetto diverso, c’è chi chiede come abbiamo fatto a lasciare tutto e star via 6 mesi, chi è ammirato dal fatto che riusciamo a portare la barca per un così lungo viaggio essendo solo in due, chi vuole conoscere il percorso. 
L’uomo di questa coppia, invece, immagina solo che sia bello poter andare in barca nudi, vagli a spiegare che spesso indossi 3 strati di pile, vagli a spiegare il vento, quello vero…. Loro sono venuti a Patmos pensando di starci qualche giorno e poi andare a vedere altre isole ma non si sono più mossi da qui. Posso capirli, ma allo stesso tempo non riuscirei a fare una classifica dei posti. Ogni luogo che abbiamo visto ha qualcosa di unico e imperdibile, non saprei scegliere, sono felice di non doverlo fare. 
Il bello dei porti è che scendi a terra, quando capisci che l’ancora tiene, ti allontani per qualche ora, vedi i versanti delle isole battuti dal mare senza prenderti quel mare in faccia, ti siedi al bar a prendere un caffè mentre navighi su internet, insomma fai anche un po’ vita di piazza, se così si può dire. Il brutto dei porti sono i rumori, temevo i motorini sul lungomare e invece quello che ha turbato decisamente il mio sonno è stato il caicco ormeggiato a fianco a noi, una bestia di 30 metri circa, che ha acceso i motori alle 4 e ci ha messo un’ora per tirare su l’ancora e togliersi di torno. 
Cercando di far finta di non essermi svegliata contavo i rintocchi dei pistoni pensando “ora se ne va, ora se ne va”, dicono che dopo mezz’ora sono saltata fuori dal letto imprecando contro il caicco come nemmeno la bambina dell’Esorcista. Dicono. A me sembra di essere stata la solita Milady inglese… Meglio ancorare, sempre e comunque.  Patmos offre degli ottimi ridossi, nelle cale dietro le isolette di Ag. Giorgio o ancor più tranquillo nelle rade di Livadia e di Kambos. Ci teniamo aggrappati a questo pezzo di luna che cala ogni giorno una fettina e che mai come in questo mese ci fa piacere che ci sia.
Il nostro viaggio sta diventando una corsa contro il tempo, l’autunno sta arrivando e noi siamo ancora decisamente troppo a est. Domani lasciamo il Dodecaneso e, finalmente andiamo verso il centro dell’Egeo.

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