martedì 4 settembre 2012

Chios. Omero e le spremute d'arancia.


Appena avrò una connessione più stabile della chiavetta Cosmote e la possibilità di stare al computer senza guardare in continuazione l’icona di carica della batteria che scende inesorabilmente, voglio proprio approfondire sta storia dei natali di Omero. Mi sembra che diverse isole vantano questo primato ma i bookmakers danno per vincente l’isola di Chios, dove si dice che il maestro insegnasse a Daskalopetra (Pietra del Maestro) che ha preso il nome dalla pietra che il poeta usava come pulpito. Altro che cattedra.
Chios per noi è una parentesi graffa che ospita Psara e Oinoussa. Tanto grande da passarci due volte. Nel girone di andata, dopo aver quasi snobbato e solo sfiorato la bella e verde Samos (due isole grandi di seguito fanno troppo terraferma per noi…), la visitiamo via mare e scorriamo il versante sud e ovest di Chios. Bello, selvaggio, aspro. È diverso dalla Grecia, è allo stesso tempo più Grecia e meno Grecia. 
Avvicinandoci a Chios, dopo essere salpati all’alba da Ormos Aspochorti a Nord di Samos, graziati da un Meltemi che in quei giorni mi fa ingenuamente ipotizzare una sua retrocessione a venticello di brezza, arriviamo a Chios nella suggestiva baia di Mavra Volia vicino al microvillaggio di Emborio. È un deja vu di Stromboli. E di Nonza a Cap Corse. Sassi neri, acqua indaco e smeraldo. La latitanza del meltemi permette una lieve risacca a ricordarci che questi luoghi senza il grande vento non sarebbero gli stessi e, personalmente ad indurmi un attimo di sano rispetto nei confronti del padrone del nostro navigare.
Nel girone di andata, però ansiosi di andare a Psara, posizionata in rotta con la culla del meltemi, mi concedo un impertinente gesto dell’ombrello all’indirizzo del bastardo ora fintamente mansueto e risaliamo la costa ovest di Chios abbastanza velocemente. Dopo la spiaggia nera, ne troviamo altre di sassi bianchi e un ottimo ancoraggio per la notte  a Ormos Salagonas. Di barche, da quando abbiamo lasciato Samos, se ne vedono davvero poche. Assolutamente deserta e incontaminata, la costa ovest di Chios riserva bellissime insenature (particolare quella a ridotsso dell’Isoletta Ag Stefanos) e un porticciolo meravigliosamente tranquillo a Limnia, proprio sotto il pittoresco villaggio di Volissos.
Arriviamo nel pomeriggio e troviamo il molo vuoto, situazione che ci fa sempre avvicinare con sospetto nel timore di qualche basso fondale che renda impraticabile l’ormeggio. Nulla di tutto ciò, a Limnia non c’è semplicemente nessuno. Ci ormeggiamo di poppa e facciamo 4 passi lungo il molo incontrando qualche pescatore, un paio di turisti greci e una famiglia di oche. Giusto 4 passi anche perché dopo quei 4 il villaggetto finisce. È il 26 agosto ma qui a Limnia sembra un fuori stagione perenne. 
Alla taverna, c’è un lungo e dettagliato menu ma dopo aver scosso la testa una decina di volte davanti alle nostre richieste, il proprietario decide di dirci semplicemente quali sono le 3 cose che ha e scegliamo quelle. La quiete fa immaginare una notte di sonno tranquillo. Verso le 11 però cominciamo a sentire una sorta di nenia provenire dal villaggio, deve essere una celebrazione religiosa e deve essere una lunghissima celebrazione religiosa visto che al sorgere del sole mi sembra di sentire ancora quella litania. Mi chiedo per chi il cantore si sia sgolato, forse per le oche? 
La mattina dopo prima di partire per Psara, incontriamo due ragazzi su un 33 piedi di nome Allegra che ha partecipato alla Aegean Regatta, da Lesbos a Syros. 
Loro due non hanno fatto la regata, sono l’equipaggio che deve riportare indietro la barca al termine della competizione. Dove? In Bulgaria! Mentre noi ci preoccupiamo del meltemi per arrivare a Psara, questi due ragazzi hanno una settimana di tempo per risalire fino a Lesbos, “arrampicarsi” sul mar di marmara, passare il Bosforo, imboccare il mar nero e arrivare a casa. Su un 33 piedi. Invocando inutilmente un lieve giro di vento che invece, da usi e costumi locali,  dovrebbero avere sempre dritto sul muso. La calma di vento, no, quella per loro è anche peggio del meltemi, a motore vanno poco lontani. Buona fortuna, boys, questo sì che è amare il mare.
Nel girone di ritorno, la nostra Chios diventa fatta di città, di porto e di strade da percorrere in macchina. Ce ne sarebbero di cose da vedere e di chilometri da macinare. In parte, solo in parte, abbiamo colmato le nostre lacune. Ma iniziamo dal porto. Il marina di Chios a un miglio a nord dal porto comunale è stato abbandonato in fase di realizzazione, ci sono i pontili semivuoti, senza corpi morti e senza alcun servizio, a terra la desolazione più totale. Preferiamo il caos del grande porto comunale, proprio dentro la città. 
Anche qui, oltre a un piccolo pontile occupato da barche locali, il grande molo che fiancheggia il lungomare cittadino è pressoché deserto. Oltre a noi, una mezza dozzina di barche a vela. L’ormeggio però è abbastanza tranquillo, nonostante un po’ di risacca generata soprattutto dai grandi e frequenti traghetti. E, nonostante siamo nel centro di una trafficata città, i rumori non arrivano così forti e ci lasciano dormire tranquilli. A Chios si respira la sensazione di essere in una città di mezzo tra Genova e la Turchia. In effetti, geograficamente è così, ma visto che la seconda è a meno di 5 miglia, l’aspetto turco prevale nettamente. 
Dietro il lungomare trafficato e gremito di bar e caffè turistici ricchi di insegne e di catturatori di clienti, c’è un labirinto di strade dal chiaro impatto commerciale, con un’iperattività così rara in Grecia. Bazaar e negozi di specialità dove i prodotti a base di mastica regnano sovrani, si alternano a catene di negozi europei che troviamo anche da noi. Un po’ discosto e ben diverso è il bel quartiere antico, il Kastro, con le sue viuzze imbiancate, le case in pietra e le piccole piazzette silenziose, tipiche di questa parte del mondo. Affittiamo una macchina e attraversiamo il centro sud dell’isola. 
Immancabile è Pirgi, la cittadina principale della regione di Mastihochoria, caratterizzata da un’architettura davvero particolare. Le case qui sono tutte decorate con motivi geometrici bianchi e grigi, effetto creato da cemento e calce, una raffinatissima opera di  decorazione tramandata da generazioni e custodita benissimo ancora oggi. A Pirgi, si respira l’aria di tradizione antica, di tempo che guadagna tempo, di siesta, di caffè sorseggiati con lentezza. Nel dedalo di strette viuzze ad ogni angolo trovi una sedia ed un anziano seduto all’ombra. 
A volte in compagnia, più spesso da solo, in apparente attesa di qualcosa che non saprai mai cos’è. Uno di questi ci chiama, tira fuori due arance da un sacchetto e ce le regala, a ricordarci che questa è l’isola della fertile Kambos, una sorta di california di agrumeti che andiamo a visitare. Belle ville dietro alte mura di cinta che proteggono gli alberi di limoni, arance e mandarini che da qui vengono trasportati in tutto il mondo. Sembra di entrare in una puntata di Falcon Crest, solo che qui, invece delle vigne ci sono le arance. 
Purtroppo, questa lussureggiante zona di agrumeti sembra stia per soccombere alle attuali regole dell’economia  moderna. E, ai fasti delle produzioni gloriose degli anni passati, ora si è sostituita la triste realtà di una attività che costa più di quanto produce, almeno per essere mantenuta con le caratteristiche di artigianalità e naturalità che sono tipiche della tradizione e del luogo. La maggior parte delle fattorie non è più in attività e il museo Citrus Memories che visitiamo dà una sensazione di dignitosa decadenza. Non so se sia merito di Chios e non so se ve l’ho mai detto ma il nostro viaggio sia l’altr’anno che quest’anno ha sempre ospitato a bordo arance che in questa parte del mondo, anche in estate, sono un frutto dolce e succoso che ricorda quelli della nostra infanzia.

2 commenti:

  1. Gli spunti, per un rapido commento, mi sembra, non manchino. L'economia moderna, ma quanto, che soffoca il sistema di produzione tradizionale senza creare alternativo benessere. Dignitosa decadenza scrivi. Decorazioni artigianali di rara fattura la cui capacità esecutiva è, ancora, custodita con cura. Porti pubblici in stato di abbandono, altri vuoti o quasi. La diffusa gentilezza del gesto e dell'animo in un antico equilibrio che sembra dissolversi. Luoghi e persone senza tempo, senza fretta. Di impetuoso solo il vento sempiterno. In ogni viaggio che si rispetti la sensazione di percepire una realtà che sta per scomparire, è sempre presente ed in quello che leggo è già tangibile il ricordo e la nostalgia. Forse si intuisce l'altra faccia, mesta e orgogliosamente rassegnata, di quanto sta accadendo ad Atene o Salonicco. Ma per l'amata Grecia il rischio mortale non proviene piu' dall'oriente persiano.
    Silverio

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  2. Caro Silverio, quel che mi ha insegnato la Grecia che ho visto è che non esisterà mai per lei un nemico davvero letale. Forse è per quella dignità, forse per quella storia antica che fa parte di ogni nativo e che in profondità gli sussurra che questo è solo un periodo, null'altro. Mi sbaglierò, ma i loro occhi, mi sembra, guardano più lontano degli altri.

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