mercoledì 31 luglio 2013

Ritorno a Psarà e Antipsarà. Il già noto porta all'ozio e alla riflessione.

P'acá y p'allá a Psili Bay - Antipsarà
Lasciamo Ay Stratis e iniziamo la nostra veloce discesa verso sud. Perdiamo subito e facilmente terreno, spinti dal vento con una gentile sollecitudine. Dopo una bella navigazione in cui, se non fossimo stati pigri, avremmo potuto issare il gennaker, arriviamo in vista di Psara. Rinforza a 30 nodi e siamo lieti di non aver il gen a riva. 
Psara e Antipsara. Le guardo e confermo a me stessa che sono due delle gemme più preziose dell'Egeo. 
Se il ritorno in un luogo già visto ha il sapore dolce del ritrovare casa, pone nello stesso tempo un piccolo grande problema: cosa posso dirvi che io non vi abbia già raccontato? Il rischio di ripetersi - o peggio ancora di contraddirsi - è alto. 
Arrivo a Antipsarà con 30 nodi
Di nuovo c'è che quest'anno abbiamo dato priorità alla piccola di casa, la selvaggia e ventosa Antipsara. Due giorni in rada nella splendida baia di Psili. E' il 30 luglio è non passa nessuno. La rada è sicura, il fondale è ottimo, si brandeggia un po' e il vento, che a Antipsara soffia con 5/6 nodi di più che a Psara, ti strilla bene nelle orecchie, ma davvero non so spiegarmi perché queste situazioni qui non le ami nessuno. Siamo in zona con un mese di anticipo rispetto allo scorso anno. "Ad agosto ci sarà gente" avevamo detto. E invece no, Psara, e ancor più Antipsara, restano una terra incontaminata, sospesa nel tempo, in attesa di essere scoperta.
L'isola di Psarà vista dal monte di Antipsarà
In porto a Psarà ci andiamo solo, dopo un periplo dell'isola e una nuova incetta di sassi special edition in un posto segreto, per ritrovare Luciano e Piazza Grande: le nostre strade tornano a incrociarsi a più di un  mese dall'ultimo saluto. A bordo con Luciano, due amici. Lui, un altro Luciano, scopro dopo pochi minuti che è una mia vecchia conoscenza. Era un cliente della mia vita pregressa da pubblicitaria. Fa impressione ritrovarlo qui, in the middle of nowhere, a distanza di 15 anni. Ricordo la sua voce, i suoi commenti gentili in riunione, il suo nome dopo "Alla cortese attenzione di" in testa ai fax che gli mandavo. Le mail erano ancora roba da amministrare con cautela, o forse non c'erano ancora. Una piacevole serata insieme, la promessa di una chiacchierata l'indomani e invece la nostra partenza in sordina poco dopo l'alba per cambiamento delle previsioni meteo.
La duna di sabbia sulla costa sud di Antipsarà
Non voglio dirvi altro di Psara. Perché la sensazione che ho provato a rivederla è la fotocopia sbiadita di quel che ho già vissuto. Per chi vuole, può rileggerla in questo flashback (link Psarà 2012)
Approfitto invece di questo spazio, per una piccola riflessione che da giorni si muoveva nelle stanze spoglie da incombenze del mio cervello.
Una riflessione che ha preso spunto da una conversazione virtuale tra Luigi e Stefano, due colleghi lungo-naviganti. Gli amici condividevano fra loro l'opportunità di privilegiare soste lunghe a quelle brevi per comprendere bene i posti e la gente, sentirsi uno del luogo e non farsi guardare come un turista ma come uno di loro. Premesso che condivido in parte tale spirito, ho sentito però un piccolo tarlo farsi strada dentro di me. Quella parola "turista" così implicitamente considerata in antitesi con la più nobile parola "viaggiatore".
Psili bay e l'isoletta di Kato Nisi
Di rado, quando un tarlo si muove in me, taccio. No, siamo onesti, ben più di rado che di rado. Diciamo che in famiglia possono paragonare il mio tacere a un evento sporadico come l'eclissi totale di sole. Ma tacqui, non intervenni. Segno non tanto della mia gentilezza, quanto del fatto che il tarlo dovevo metabolizzarlo e approfondirlo. 
Il problema non è nel termine "turista", né tantomeno nel suo significato originario che è estremamente vicino a quello di "viaggiatore". Il guaio, come sempre, lo ha compiuto l'uomo contemporaneo conferendo a "turista" un'accezione denigratoria da cui prendere le distanze. 
Perché, prima ancora del bisogno di esprimere noi stessi, viene l'esigenza di distinguerci dagli altri. Una sciocca attitudine che rivela tutta la nostra fragilità. Creiamo dei cliché e ci rassicuriamo l'un l'altro che - eccezionalmente - noi non ne facciamo parte. Sia chiaro che non voglio esimermi da questa umana debolezza. L'ho fatto anche io, più volte e per semplificazione, di descrivere qualcosa come turistico prendendone, più o meno esplicitamente,  le distanze. 
Credo solo che sia giusto essere spietatamente sinceri. 
Per cui, amici naviganti o viaggiatori in genere: smettiamola di illuderci di non essere turisti agli occhi degli aborigeni. È così che ci vedono e hanno ragione. Siamo turisti per due principali motivi. Non è quello il nostro luogo di nascita e la nostra permanenza in quel luogo significa portare, anche in piccolo, benessere alla comunità locale senza togliere loro risorse. Spendiamo poco, è vero, ma spendiamo. E non siamo solo turisti ma potenziale volano di ulteriore turismo. Non siete d'accordo? Ne volete una dimostrazione? Provate a dire ai vostri amici autoctoni che intendete avviare a casa loro un'attività professionale in diretta concorrenza. Vedrete che vi vorranno un po' meno bene. Ed è sacrosantamente giusto che sia così. Possiamo fermarci un giorno, 10, un mese o un anno in un luogo ma saremo sempre stranieri. 
Consoliamoci: l'essenza stessa del viaggiatore e quella di uscire dal noto e dal quotidiano. Di aver sempre voglia di ripartire. Se facciamo diventare casa un luogo straniero, perdiamo la capacità di stupirci e siamo meno in grado di cogliere le peculiarità.
Ma tant'è, il cliché esiste e tanto vale cercare di capirlo e circostanziarlo. Dubito che alla domanda "Sei un turista o un viaggiatore?" qualcuno propenda per la prima. La verita è che ognuno di noi si costruisce le definizioni a propria immagine e somiglianza. Lo faccio anche io, guardate: La differenza tra turista e viaggiatore? Il primo ha un programma, una meta, dei tempi, una rotta. Il secondo lascia che sia la strada a suggerirgli il proseguimento del viaggio. Il primo ha delle aspettative e un metro di giudizio con cui poi, una volta terminato il viaggio, stila una classifica e esprime giudizi in grado di distruggere luoghi. (Quanti ingiusti fallimenti sono figli di quella mostruosità di trip advisor?)
Il secondo non si aspetta nulla, al posto del giudizio, porta nello zaino la curiosità. E quasi sempre dà il merito del bello alle persone e ai luoghi che incontra e le colpe del brutto al proprio stato d'animo. 
Visto? Mi sono costruita l'alibi per definirmi un viaggiatore.

P'acá y p'allá incastonata tra Antipsarà, Kato Nisi e Mesiako
Dovremmo invece, secondo me, smetterla con lo snobistico atteggiamento - morettiana memoria - di gloriarci di far parte di una minoranza. Ma, soprattutto, smettiamo di cercare la nostra individualità negli occhi con cui ci guardano gli altri, impariamo a conoscerci da soli senza paura di scoprire in noi tratti comuni e non originali. E, se possibile, mettiamo semplicemente gentilezza e generosità nel nostro sguardo. Innamoriamoci dei luoghi che visitiamo e raccontiamoli con spudorata faziosità. 
Ché, diciamocelo, l'obiettività al giorno d'oggi è un valore decisamente sopravvalutato.

10 commenti:

  1. Di una minoranza comunque fate parte: quelli che hanno fatto una scelta assolutamente vincente! Per il resto concordo con te sull'analisi turista-viaggiatore, un po' meno sull'obiettività che come molti altri valori scarseggia ed è totalmente disprezzata ed ignorata.
    Nonostante sia di ritorno da un compleanno ad alto tasso alcolico :-) (Romano e per giunta di un noto collega di Giovanni) ho apprezzato l'eleganza del tuo racconto che come al solito con leggerezza e classe riesce sempre ad aprire e far spaziare la mente: mi ripeto, ma migliori sempre più.
    Notte e sempre B.V.

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  2. Francesca ciao!hai scritto un piccolo capolavoro che mi trova d'accordo con te..io penso che da turista o viaggiatore l'importante e' il senso di rispetto e quell'entusiasmo di scoperta e che uno ha dentro quando va in un'altra terra che e' importante mantenere.Mai perdere quello che cosi' bene in inglese suona con Your sense of wonder.Voi ne avete a uffa...bravissimi...vi seguo via etere!!!!!
    Psara'e Antipsara'...chicche future.
    Sylvia

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  3. Nel fotografare, come dimostra di sapere benissimo Giovanni, niente è più vero del verosimile. Ma anche nello scrivere l'assunto può essere fatto proprio. La decantata obiettività la si lascia volentieri ai politici di mestiere ed ai giornalisti conformisti: loro hanno il monopolio della Verità. Il racconto di un viaggio, invece, pretende altri presupposti, tocca altre corde. Non vende interessato consenso ma regala (im)possibili sogni. Sulla differenza, poi, tra essere turista o viaggiatore credo si cada in equivoco. A mio giudizio non è possibile scegliersi il ruolo. Sono modi di essere che riguardano la propria complessa condizione umana e questa, purtroppo o per fortuna, ce la troviamo addosso dalla nascita. Le modifiche in corso d'opera sono difficili se non impossibili. Allora facciamo un patto: tu scrivi come sai, io leggo come posso.
    Silverio

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  4. Posso azzardare, in tanta meravigliosa eloquenza ?
    Tour ista è chi gira, a volte a vuoto, a volte con cognizione di causa.
    Via giatore è, a mio avviso, chi cerca la "via". Attraverso la percezione, attraverso l'emozione o semplicemente attraverso la meraviglia.
    E non è proprio questo che ci stupisce di più ?
    La meraviglia che suscita ogni cosa che incontrate, lo srotolarsi infinito di un mondo incantevole, fatato, conquistato a botte di meltemi.
    Il Paradiso Perduto che tutti cerchiamo.
    E con questo vi do la buonanotte e buon vento
    V.

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  5. Bellissimo post, lo condivido in toto, anch'io non amo quelli che si definiscono viaggiatori solo perchè fanno spesso i turisti.

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    1. Grazie!
      Ma scusami, tu sei quello che ha la prua verso Istanbul ?
      Meraviglioso!
      Ciao
      Vicky

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  6. Ciao Francesca, quando, leggendo il post, sono arrivata alla dicotomia "turista versus viaggiatore" ho temuto. È questione oziosa e noiosa come tutte le dicotomie. L'importante è andare fuori, per mare, per strada, per fantasia. Andare e basta.

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  7. Ho l'impressione che mescolare il parere degli abitanti con il giudizio che ci diamo siano due cose che non possono combaciare. Agli abitanti ritengo interessi poco la differenza, interessa di più come ci poniamo nei loro confronti: arroganti fruitori o interessati a conoscere e a confrontarsi. E comunque sempre Esteri/stranieri saremo. Quello che siamo noi poi vale poco come definizione, vale di più un sincero atteggiamento di curiosità , di desiderio di conoscenza; il tempo poi è quello che fa la differenza che crea le opportunitá o meno e che può farci diventare migliori o superficiali. Roberto

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  8. Ho iniziato a leggere questo blog 3 giorni fa arrivandoci per reperire informazioni su Kythera e l'ho divorato.Anche io sono ammalato di Grecia, purtroppo con solo una esperienza di barca a vela da Santorini a Rodi due settimane nel 2009 (tante piccole isole e rade però), con in particolare una idolatria per Creta sud/ovest e Gavdos.Sono rimasto incantato dai vostri racconti che mi riportano il sale sulla pelle e la luce negli occhi di tanti meravigliosi angoli di paradiso vissuti negli anni.E' bello vedere come dal primo anno è cambiato anche il tuo modo di scrivere, prima più descrittivo e ricco di particolari sulla barca e ora più introspettivo, intimo, quasi che sei mesi all'anno per mare allunghino il campo dello sguardo come capita ai tuareg nel deserto...ecco vi state trasformando in tuareg del mare!Un saluto e un abbraccio affettuoso, ricordatevi sempre nei momenti di difficoltà che state comunque vivendo un sogno, chi da qui vi segue sogna con voi non potete deluderli!

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