mercoledì 25 giugno 2014

Syros. Autentica e solenne.

L'anno scorso sfiorammo appena Syros mentre, in avaria di motore con un'improbabile rotta Nord in calma totale di vento, navigavamo verso Lavrion alla ricerca di Manolis, mago della meccanica e psicologo delle barche.
Allora eravamo solo concentrati a percepire sulla pelle la più lieve bava di vento, per coglierla al volo e sfruttarne l'abbrivio in una settimana in cui punte di velocità di 2 nodi ci sembrò quasi un miracolo. Facemmo sosta in una piccola baia, ancorando a vela, più per disperazione da astinenza di vento che per reale bisogno di fermarci. E, al primo refolo, partimmo nella notte per guadagnare miglia.
Ermoupoli: Ortodossa, Cattolica e Portuale
Syros restava quindi una meta abortita, la città di Ermoupoli ci chiamava a sé ma era in quel momento irraggiungibile a causa delle priorità della barca di giungere rapidamente nelle amorevoli braccia di Manolis.
Quest'isola era così per noi, gente dai programmi labili e dalle rotte indecise, un punto rosso sulla cartina dal quale volevamo assolutamente passare.
La nostra sirena si chiama Ermoupoli, la metropoli isolana. Immaginavamo il suo fascino, tipico da città portuale, i suoi odori, i suoi rumori, il suo sovrabbondare sul mare. Tutte cose respingenti per il turista affamato di mare, seduttive invece per noi che da un mese non vediamo città.
bambine a Finikas
Ma facciamo prima una sosta a Finikas sul lato sud ovest dell'isola, anticipata da una giornata nella bella baia di Komito. Il piccolo marina di Finikas, all'interno di una grande baia aperta a sud ovest, è sicuramente l'ormeggio più tranquillo di Syros. Un molo frangiflutti al cui esterno ci ormeggiamo che protegge un piccolo porticciolo per le barche locali e quelle dei pescatori. Uno dei tanti "quiet place" di  questo angolo di mondo, con nulla di particolare se non l'eccezionalità della sua normalità.
Veduta da Ano Syros sull'isola di Didimi
Andando verso Ermoupoli il giorno dopo, il vento si intensifica, facciamo un po' di bordi di bolina stretta fino all'isolotto di Didimi a est dell'imboccatura del golfo di Ermoupoli. È qui che dobbiamo necessariamente piegare verso Est e offrire il fianco al canale aperto e all'onda sollevata da vento forte. Ci va? Sento già sulla pelle gli schizzi d'acqua fredda e salata. No, non ci va. Lo spettro di una città davanti ai nostri giorni, la pigrizia e la voglia ancora di natura ci fanno decidere all'ultimo momento di rimandare a domani il nostro incontro con la civiltà e di mettere in mezzo una notte di brandeggio in rada davanti a questo scoglio selvaggio di Didimi. 
Veduta di Ermoupoli con la chiesa ortodossa di Ag. Nicholaos
È una sensazione che mi accompagna sempre quando mi avvicino a un porto: punto i piedini a terra come un bambino davanti al portone della scuola, tiro forte la mano e spingo dalla parte opposta. Vince questa parte bambina di noi e, come sempre, il tuffo nell'acqua cristallina è un regalo inaspettato, quasi una caramella preparatoria alla scesa a terra.
Vedo nella notte le grandi navi passare davanti Didimi, risalirla per compiere poi una manovra decisa che le farà passare da onda di prua a onda al giardinetto. È ogni volta uno spettacolo immenso. Essere ad un passo dal tutto ma nel bel mezzo del nulla: il mio sogno della vita.
Di mattina presto, da bravi codardi, nell'ora di siesta del Meltemi, dirigiamo a motore verso la nostra meta.
La banchina comunale di Ermoupoli
Ormeggiamo alla banchina comunale di Ermoupoli e restiamo incantati dall'immensità della cittadina come fossimo davanti a Gulliver. Incantati e spaventati insieme. Tutto è così grande, così ampio, così bianco da accecarci. Il tempo di fissare gli ormeggi al meglio in quella che - si capisce subito - sarà una sosta scomoda e sportiva grazie alla risacca generata dai traghetti e veniamo letteralmente fagocitati  da questa città che è una fusione perfetta di presenza greco-ortodossa e cattolica, ognuna con i suoi spazi, in un'alchimia unica. Ci addentriamo alle spalle del lungomare e gli occhi si riempiono del marmo bianco delle piazze e delle strade, dell'austerità dei palazzi neoclassici disposti a anfiteatro. 
Al Teatro Apollo
10 minuti dopo essere scesi dal nostro mondo fatto di barca e mare, ci troviamo quasi per caso in una miniatura della Scala, Il Teatro Apollo. Non si può entrare in sala, c'è un'audizione, ma possiamo assistervi dai palchi in galleria. Fa impressione: trovarsi repentinamente immersi in un momento e in un contesto tanto lontano dal nostro quotidiano. 
C'è arte e c'è lavoro, c'è tensione e metodo, c'è preparazione e emozione, c'è paura di sbagliare. Vista così, non è poi davvero lontano dal nostro quotidiano. Non riconosco l'Opera, cantata in italiano da stranieri. Lui fa parte dello staff e fa da spalla nel pezzo di copione, lei è la provinata. Mi sembra bravissima, eppure alla fine il regista americano le fa un lungo discorso di cui mi arrivano pochi frammenti ma si capisce che il responso è molto simile a un "le faremo sapere".
I posti riservati agli uomini nella Chiesa di Agios Nicholaos
Ci immergiamo in mezz'ora di musica e se qualcuno ci guardasse credo che sembreremmo degli assetati, ma quel che mi colpisce di più sono gli aspetti emotivi legati al lavoro: l'emozione di lei che fa il provino, la diplomazia della bocciatura, la grazia nel coglierla, il colloquio gentile, il saluto informale da colleghi del settore. Pezzi di vita di altri da guardare dal buco della serratura, anzi no, da un palco pieno di velluto. Confronto, competizione, sfida, speranza e delusione mi sfiorano velocemente, mi attraversano e si allontanano lasciandomi un piccolo momento di malinconia.
Il Palazzo Municipale di Ermoupili
Il Palazzo Municipale di Ermoupoli è in parte monumento e in parte ufficio. La convivenza tra le due cose è meravigliosa. Percepisco il rispetto dei lavoratori per quel luogo, ma allo stesso tempo mi compiaccio della generosità del palazzo nei confronti dei lavoratori. Nel bellissimo chiostro c'è una piccola area adibita a bar, non è sovraffollata come ricordo essere il bar delle Ferrovie dello Stato in una villa romana bellissima violentata dalla nullafacenza di qualche migliaio di persone. 
Chi lavora qui ama il suo lavoro, si sente. Oppure semplicemente non si pone il problema di amarlo o odiarlo. Fa semplicemente parte di sé e in qualche modo se ne è genuinamente orgogliosi.
L'area del porto dei cantieri navali
Prendiamo un taxi e andiamo al quartiere medioevale di Ano Syros: vicoli bianchi, silenziosi e dormienti dominati dal duomo di San Giorgio, ragione della nostra visita. Un cartello informa però che il Duomo è chiuso per lavori per un periodo di due anni. Non c'è data di inizio, non si rischia quindi di essere criticati se i lavori si protraggono oltre al dovuto. Mentre salivo in taxi pensavo ai 4 euro ben spesi, la salita è lunga e a tornanti, in alternativa ripide scalette accorciano le distanze e aumentano le fatiche. Dopo aver visto il cartello e letto lo sconforto sulla faccia di un gruppo di ragazzi inglesi giunti a piedi, do ancora più valore alla spesa per il mezzo di trasporto. 
Grande nave al porto di Ermoupoli
Per inciso, il tassametro dei taxi in Grecia parte da 1 euro e a fine corsa se segna 4,50, non solo non diventa 6,80 per il bagaglio, l'ora di siesta, la tassa comunale o che so io, ma il tassista arrotonda per difetto e non per eccesso.
Scendendo a piedi, pieghiamo verso il porto industriale, nella zona dei cantieri navali e ci tuffiamo nei colori e materiali di un tipico grande porto commerciale: legni consumati dal mare, vernici mangiate dalla salsedine e dagli anni, ferro, ruggine e tutto intorno la sensazione di petrolio, sporcizia che non è immondizia ma avanzi di lavorazione. 

Ai Cantieri Navali
Mentre cammino sul lungomare per tornare alla barca, penso a Ermoupoli fondata dai profughi  di Psarà e Chios ai tempi della guerra d'indipendenza, una cittadina storicamente cattolica che accolse gli esuli greco-ortodossi e  che rapidamente crebbe e si sviluppò fino a diventare il più importante porto commerciale dell'intera Grecia. Respiro queste diverse anime di Syros: quella greco-ortodossa, quella cattolica, quella industriale. Ne manca una sola, quella turistica perché è questo ciò che differenzia quest'isola da tutte le altre Cicladi: l'assoluta autonomia dal turismo. 

domenica 22 giugno 2014

Verso Kythnos, momenti di anarchia.

Questa non è una democrazia, le acque in cui navighiamo sono soggette a un regime totalitario di quelli più efferati e intolleranti: questo è il regno del Meltemi.
È lui la forza della natura che tutto decide, gli altri elementi si adeguano, si piegano, a volte sembrano combattere ma perdono sempre. La vita, nel regno del Meltemi, ruota tutta intorno a lui: le case vengono costruite pensando a lui, le persone camminano con quell'inclinazione spontanea automatica per contrastare la forza del vento. 
Il mare è a suo modo disteso, sa sempre cosa fare, dove andare, quanto alzare la voce. Sa anche calmarsi velocemente e altrettanto velocemente ripartire di slancio. Nel regno del Meltemi, il mare è uno scattista.
Il cielo sopra di noi non ha mai dubbi: è terso, azzurro, spaccato in due dalla luce del sole. Ride e sorride, da giugno a settembre non si vede una nuvola e non piange mai il cielo quassù.
Le terre sono attrici disciplinate: è stato dato loro un ruolo e lo rispettano. Alcune, quelle geneticamente dotate di un carattere spigoloso, sono le ancelle più fedeli del Meltemi, le sue armi più spietate. Si chiamano Ikaria, Creta, Amorgos, Kos, Rodi, Karpathos e Kassos. Son le traditrici che colpiscono alle spalle: si fanno riempire le braccia dal Meltemi e poi partono in schiacciata trasformando quella forza in raffiche violente. Ma anche loro, anche le terre, stanno semplicemente facendo il loro mestiere.
Tutti si muovono secondo un copione molto ben scritto e prestabilito. Uno comanda, gli altri sostanzialmente accusano il colpo e attaccano l'asino dove vuole il padrone.
Per "asino" possiamo, sì, tranquillamente intendere la categoria dei navigatori che ogni anno si illudono di trovare la ricetta giusta per domare il tiranno.
Ma questo scenario - ormai tanto conosciuto da essere da noi quasi atteso come rassicurazione sulla stabilità delle cose - non è quello che ci troviamo davanti quando lasciamo Hydra in direzione di Kythnos. Da sempre, come tutti gli altri elementi locali, abbiamo imparato ad assecondare Eolo e andare dove ci porta con l'angolo migliore. In ogni caso, anche quando le previsioni sono bonarie. Via verso Kythnos quindi con una brezza da Ovest che dovrebbe rinforzare a Nord Ovest. E invece no. 
Che fine ha fatto il Meltemi? 
Questo vento non lo è sicuramente: salta di 180° insicuro e indeciso come il nostro tiranno non potrebbe mai essere. Abbiamo davanti l'Egeo in latitanza di Meltemi. E' quell'esperienza rara che sulle carte sembra un colpo di fortuna e dal vero invece ti fa capire che le certezze hanno un loro grande valore. Quando il Meltemi latita, sono le terre a determinare tutto. Dispettose e anarchiche giocano con le brezze gentili, le manipolano, competono tra loro a colpi di racchetta. 
Il mare dal basso si agita, solleva il manto salato e sembra dire "Aho, mi spiegate che devo fare?". Un po' d'onda da nord ce la mette, quella sta sempre bene. Ma a furia di spinte, ne alza un po' pure da Sud Est. Le terre a furia di litigarsi quel poco di vento, lo stritolano, lo annientano, poi si distraggono e gli scappa via tutto insieme. 15 nodi da nord, poi 3 da sud, 20 nodi da Est, poi 0. 
Il mare, in tutto, questo impazzisce: "Voglio un piano preciso, e che diamine!" sbraita alle terre impertinenti. "Ma insomma, chi comanda qui?" e quelle gli ridono dietro.
"Dillo a me..." gli risponde solidale il cielo che si è svegliato con uno sfogo di nuvole in faccia che neanche ai tempi dell'adolescenza e delle patate fritte: cirri, cumuli, ossi di seppia, un campionario da far felice un meteorologo.
Hydra, Kea, Ag. Georghios scoppiano a ridere: "È l'occupazione, bellezze".
Nel nostro piccolo, mentre regoliamo, ammainiamo e alziamo vele, accendiamo e spegnamo il motore, modifichiamo la rotta e balliamo il tango tra le isole, io faccio volare lontano la mia fantasia.
La piccola chiesetta di Ag. Ioannis a Ag Stefanos
Poco più a nord, al tempio di Poseidon a Capo Sounion c'è una riunione d'urgenza del Comitato Olimpico. Tutti chiamati a raccolta, gli dei, per questo evento straordinario che in un regime organizzato appare come una ribellione da sedare immediatamente. Ognuno con il suo ruolo, ognuno con le sue carte a difesa della sua posizione e del suo operato. Poseidone e Eolo sul banco degli imputati, Gea, la terra, la vera responsabile di tutto, è imperscrutabile e austera. "Ricordatevi che siete tutti figli miei e portate rispetto" sembra dire. Urano che dai tempi dell'evirazione, non si avvicina a Gea, resta in disparte, offeso e pronto ad attaccare. Ermes, da bravo capo ufficio stampa, è pronto ai blocchi di partenza, al primo cenno di Zeus è pronto a partire e impartire ordini a destra e manca. Afrodite se ne sta tranquilla in un angolo a passarsi lo smalto sulle unghie: oggi è solo spettatrice, comunque vada l'Amore non perde mai.
Il paesino di Loutro all'alba
Finalmente arriva Zeus, il chiacchiericcio si placa. Con la sua voce autorevole e tonante esplode "Che diavolo succede laggiù? Che è sta caciara? Eolo, il Meltemi che sta facendo, dovrebbe essere di ruolo da un bel po', non si sarà mica messo in malattia?" e guarda Ermes pronto a chiamare il medico per una visita fiscale.
Eolo se lo aspettava, si alza apparentemente tranquillo, inforca gli occhiali, gonfia le guance e con l'aiuto delle sue carte, si lancia in un'invettiva difensiva che ha preparato da tempo.

"Ragazzi, ho fatto di tutto in questi mesi per prendere tempo e tentare di calmare gli animi ma in tutta franchezza non mi sento di condannare il Meltemi, sul cui carattere testardo non sto qui a dettagliare visto che è noto a tutti. Va bene che c'è la crisi, ma il taglio degli investimenti sul mio ministero ha fatto sì che non solo sono 10 anni che questo cristiano non vede un aumento di stipendio ma ora addirittura gli abbiamo messo dei limiti alla nota spese, gli abbiamo tagliato il personale e nessuno ha mosso un dito per difendere la sua immagine in Grecia e all'estero. Tutti i naviganti a maledirlo, addirittura lo chiamano il bastardo e qui lasciamo fare, si sente solo e perseguitato e ha anche un po' ragione"
"Oh santi numi, ora pure questo tira fuori la storia della macchina del fango contro di lui?" si spazientisce Zeus. 
La vasca termale naturale a Loutro
"Dovrebbe passare meno tempo su FaceBook e più a fare il suo lavoro. Altro che aumento di stipendio, io questo lo caccio a calci in culo e vado in Italia a comprare la bora".
Eolo balbetta, Zeus è sempre Zeus e forse il suo approccio è stato troppo diretto: "Ci sto parlando, datemi tempo, certo un piccolo bonus aiuterebbe…" 
Sistemato Eolo, Zeus si volta verso Gea e modifica il tono "Nonnina però pure te…. lo sai che la collaborazione è tutto… che stanno facendo quelle disgraziate di isole?"
Gea, senza alzare gli occhi dal lavoro a maglia, risponde rasserenante "Zeus, son ragazze, lasciale fare, un po' di disordine non ha mai fatto male a nessuno" poi alza gli occhi al cielo e velenosamente dice "E poi dillo a tuo nonno, Urano, che se non continuasse a seminare nuvole sopra le terre, riuscirei a farle ragionare".
Zeus glissa diplomaticamente e si rivolge a Poseidone: "Possibile che tu sia così volubile? Non riesci a ignorare le terre, le nuvole, l'assenza di vento e gestire la cosa anche solo per forza di inerzia così come deve essere? Per tutte le Acropoli, son secoli che in questa stagione vai nella stessa direzione, non hai imparato nulla?"
Una rampa di carico in disuso a Loutro
Ahia, Poseidone è permaloso assai, lo sento agitarsi sotto la chiglia, ci manda un treno di onde da prua che a Paquita non piacciono per niente mentre sulla difensiva risponde al grande capo "Guarda che non posso farci niente, da sempre il mio è un Ministero senza portafogli, hai fatto in modo che non avessi una mia autonomia e ora mi venite a dare la colpa di questo caos? E no, rifiuto ogni addebito e mi riservo di querelarvi tutti".
"Annamo bene….", sussurra Afrodite dal suo angolo "Qui si fa notte, tocca chiamare la baby sitter per Cupido..."
Zeus fa marcia indietro e tenta di placare gli animi. 
"Ok, capisco che avevate tutti bisogno di uno svago e di un momento di ribellione. Niente di grave. Però mi preoccupo per quei poveretti su quei gusci di noce in mezzo al mare. Già c'è la crisi, gli idioti del governo umano che hanno ventilato una nuova tassa nautica, lo volete capire che è dal turismo e solo dal turismo che questo Paese può attingere risorse per uscire dalla crisi? Io vi avverto: se ne sbagliamo ancora una, qui finisce che andiamo a casa tutti."
P'acá y p'allá all'ancora a Agios Stefanos
Giovanni mi dice "Ma a che stai pensando? Guarda, poche miglia e ci siamo, sta migliorando, il mare si è disteso. Certo che senza Meltemi, questo mare non è lo stesso mare, eh?"
La bella Kythnos ci accoglie, il cielo sopra di lei è sgombro di nubi, il vento sembra essersi assestato da nord ovest a regimi bassi. Mi sembra di sentire il Meltemi che capitola "Vabbé, però, non mi chiedete di fare gli straordinari, quest'anno minimo sindacale, io!"
Facciamo rotta sul porticciolo di Loutra, piccola e antica stazione termale, oggi decadente che ha una bella vasca naturale di acqua bollente sulla spiaggia. Il tempo di vedere l'Italia perdere una partita e ci spostiamo ad Agios Stefanos, dove, qualcosa come 60 anni fa, quasi naufragò e trovò riparo Goran Shildt, l'autore di "Vent'anni di Mediterraneo", opera delle opere nella letteratura di navigazione. 
sulla spiaggia di Agios Stefanos
Il paesino di Agios Stefanos è meno isolato di allora e nessuno ci corre incontro. Ma mentre cammino lungo la riva, gli anziani seduti all'ombra dei loro portici sorridono, mi salutano in tutte le lingue che sanno e ridiamo insieme. Siamo in uno di quei posti molto greci, tranquilli e rilassati, imperturbabili, impermeabili al tempo che passa. Ci allontaniamo dal continente e la Grecia migliore ci dà il benvenuto.

Alla faccia degli dei dispettosi.

giovedì 19 giugno 2014

Hydra, Portofino d'Egeo.

L'abbiamo ignorata per ben 3 viaggi e rimaneva così, insieme a una manciata di altre, come un'isola sfiorata ma mai conosciuta. Che Hydra fosse bella lo sapevamo da tempo, tanti anni fa la visitammo velocemente in un viaggio a piedi e traghetti, la sua sagoma alta e rocciosa ci ha salutato 3 volte da lontano quando, passati da o verso Corinto, eravamo presi da altre mete per avvicinarci a lei.
Stavolta, invece, eccoci qui. Nella nostra rotta originaria che prevedeva la discesa del Peloponneso avremmo perso rapidamente gradi verso sud, la scelta di passare il Canale di Corinto ci ha fatti sentire felicemente alti rispetto al vento padrone di casa. 
La terza fila al molo di sovraflutto.
Non senza una certa saggia diffidenza ci siamo avvicinati al porticciolo di Hydra che ben sapevamo essere un gioiello intaccato da troppe attenzioni, persino nel fuori stagione. Ci entriamo nell'ora migliore, le 13.00, quella in cui chi dorme fino a tardi è già partito per i suoi bagni tardivi e chi fa meta verso un porto non arriverà che tra qualche ora. È bastato un veloce sguardo per capire che non era un posto dove avremmo passato la notte. Il concetto di "non c'è posto" qui non esiste, qui vige la regola della doppia e tripla fila che notiamo già applicata all'interno del molo di sovraflutto. In banchina i 5 posti disponibili tra i taxi boat rossi e le barche dei pescatori sono già tutti presi. Nessun movimento fa pensare che qualcuno stia pensando di lasciarlo per il prossimo mese. 
Taxi boat rossi alla piazzetta di Hydra.
Un'onda di risacca piuttosto importante, generata da quel poco di vento in una darsena piccola e dal movimento continuo di traghetti e taxi, ci convince definitivamente che non ci impaginiamo affatto bene qui dentro. Le doppie e triple file ballano, le barche costrette in quella situazione gridano vendetta, manca poco che P'acá y p'allá volti le spalle da sola incurante del timone. 
Dirigiamo allegramente verso Mandraki, 1 miglio a est,  dove riconosciamo nella tipologia delle 3 barche già ancorate lì la famiglia di cui facciamo parte: navigatori tranquilli, autonomi, che non hanno bisogno di un porto se il porto non somiglia a loro. 
Il tranquillo ormeggio a Mandraki
Le profondità a Mandraki, unico ancoraggio dell'isola, sono importanti e ci spingiamo fin sotto costa dove possiamo mettere due cime a terra. 
Il mio primo bagno di quest'anno è un bagno tecnico: a questo penso mentre mi tuffo nell'acqua cristallina e limpida abbracciata a una cima di ormeggio. Giovanni trova un gavitello abbandonato sul fondo e attaccato a un solido corpo morto e lo aggiunge all'ancora come 2a sicurezza a prua. In 10 minuti P'acá y p'allá si è trasformata in una solida palafitta, in un angolo di costa ben protetto dal vento. Le nostre intenzioni sono chiare: nel pomeriggio si va in piazzetta. 
Il porto di Hydra, via vai di traghetti e taxi boat
Un bel sentiero acciottolato porta da Mandraki a Hydra, 20 minuti di passeggiata in pianura con dei begli scorci sulla scogliera che si getta nel mare. Il bello di quest'isola è l'assenza di automobili, regno di muli e di cavalli per chi non ama camminare a piedi. Muli, cavalli e taxi boat rossi che entrano ed escono di continuo dal porto diretti nelle piccole baie della costa nord, puntellata di belle ville con uno stile architettonico ricercato.
Serve un passaggio?
Siamo distanti mille miglia dalla Grecia che sento più mia. Lo percepisco nella frenesia dei bar del porto, nell'indifferenza dei gestori di piccoli negozi (soprattutto gioiellerie), nella predominanza dell'inglese come colonna sonora rispetto al greco. Hydra è la più italiana delle isole d'Egeo, seconda solo a Mykonos forse e ne rappresenta la fascia sociale più elevata. Una Portofino ma meno vera di Portofino. O Capri. L'abitato è bello e particolare con queste costruzioni in pietra grigia ben conservate e restaurate, i bar che occupano tutta la piazza hanno un intelligente e moderno sistema di tendoni per garantire il maggior numero di posti all'ombra. 
Nicola mi ha detto "L'ormeggiatore..... lo riconosci subito"
Altrove i greci usano gli alberi e i loro locali offrono tanti posti a sedere quanto lo consente l'ombra generata dal platano o dall'ulivo che per caso si trova là davanti. Qui l'architettura ha superato la natura, l'ha sovrastata, delegittimata, mobbizzata. Dallo scarso affollamento dei bar rispetto alle sedute disponibili, mi rendo conto di cosa deve essere questo piccolo luogo in una normale alta stagione: una concentrazione esagerata di anime e rumori. 
Faccio una tara dello sguardo d'insieme e lo moltiplico per cento. Questa è probabilmente Hydra in un fine settimana di luglio. Orrore.
Carambola di barche in assenza di parcometro
Il molo frangiflutti separa per classi sociali: All'esterno, dove alte profondità impongono calumi di almeno 100 metri,  giganteschi motor yacht con nomi altisonanti e bandiere di svariati porti franchi. A bordo tra un tintinnio di cristallo e lo sfilare delle hostess in divisa si sentono accenti brianzoli, ma anche romani che condiscono sgrammaticature e povertà di significati in discorsi più o meno gemelli.
All'interno del molo, nell'assembramento plurimo il multicolorato e rumoroso mondo dei charteristi. 8 o 10 per barca, un continuo scavalcare di draglie per utilizzare l'obbligata "servitù" della scesa a terra. 
Dal faro guardo a destra e a sinistra e non saprei quale mondo scegliere, fossi costretta probabilmente chiederei di scendere.
Il relax a Mandraki
Mi incanto a guardare una ragazza che fa la doccia sulla poppa di una barca charter. Per sciacquarsi i capelli dal balsamo avrà usato almeno 100 litri d'acqua, forse 200, non so quanta acqua esce al minuto dalla doccia ma lei ripete lo stesso gesto per circa mezz'ora. È una cosa che fa impressione a chi vive per mare;  non ne faccio una questione ecologica - la mia coscienza è ancora decisamente e colpevolmente lontana da comportamenti che mi permettano di salire su un piedistallo - ma di autonomia. L'acqua dolce in barca è sacra, non si spreca, nemmeno se hai davanti un tubo per fare rifornimento, l'acqua dolce in barca è la libertà, è memoria di casa, è la coperta di Linus.

Tornando a Mandraki, la costa del Peloponneso.
È qui a Hydra che mi prendo il primo caffè frappé della mia vita: quell'orrido miscuglio un po cremoso in superficie che sembra una propaggine naturale del braccio di ogni greco, lo prendono al bar la mattina e ci vanno avanti fino a sera. Una cosa che dovevo fare, almeno una volta, come gesto dovuto nei confronti di questa Grecia che mi ha praticamente adottata. E ho scelto di farlo nel posto che mi sembra meno greco di tutti. Così, per compensare.

mercoledì 18 giugno 2014

Galaxidi e la porta sull'Egeo.

Anche quest'anno, la nostra rotta la decidono il vento e il tempo. A Cefalonia guardiamo il meteo e nei prossimi giorni il vento sembra insistere da Sud. Ecco come superiamo le nostre indecisioni per mare: si fanno i due golfi e si va diretti in Egeo, restando alti, pronti per l'inizio della stagione benedetta e maledetta dal Meltemi. 
Sono contenta e ci speravo: il viaggio ideale ha un passaggio a Corinto e uno sulla via del Peloponneso, il viaggio ideale ripete il meno possibile la strada già percorsa. 
Il sempre affascinante passaggio sotto il ponte di Patrasso
Certo, non posso mettere un'ipoteca sul fatto che il ritorno sarà verso Capo Maleas, Pilos e la via continentale perché anche lì, lo decideranno il vento e il tempo. 
La nostra sosta nei due golfi di Patrasso e Corinto si chiama Galaxidi. A volersi fermare, si potrebbe prendere un mezzo e andare a visitare Delfi. A volersi fermare, ma noi quest'anno sembra non vogliamo fermarci mai. Fino a Kassos, almeno, sarà una corsa contro il tempo. No, una corsa contro il vento. Chi arriva prima? P'acá y p'allá o il Meltemi? Si accettano scommesse. Ma lo so, abbiamo già perso noi.
Galaxidi è una dolce e sonnolenta località poco turistica. Accogliente e rilassata nel suo fuori stagione. Due anziani ci prendono le cime di ormeggio e ci offrono un rifornimento gasolio a prezzo greco: 1,38 euro al litro.
P'acá y p'allá ormeggiata a Galaxidi
Vengo presa in ostaggio da Athanasio, un apparentemente novantenne, certamente alcolista, che fa il promoter dei servizi locali. Mi porta il biglietto di un giovanotto, seduto al tavolo a fianco al mio, che fa il tassista. Mi dice che guida bene e che non beve, lui. Poi lo guarda e gli dice qualcosa come "Sveglia bello, molla quel telefonino, questo è marketing". Scuote la testa Athanasio, il giovanotto non molla il telefono e di guidare sembra avere poca voglia. 
Poi mi chiede di seguirlo al suo scalino di pietra, quello dove passa, credo, le sue giornate e lì, da una pila di libri, ne prende uno dal titolo inglese "Do the best you can" e comincia a scrivere qualcosa sulla prima romana. 
Il lungomare di Galaxidi
Non è una dedica, non vuole regalarmi il libro, grazie al cielo, perché ho meno voglia del giovanotto di fare del mio meglio in questa fase della vita. No, ci ha scritto il suo indirizzo, il suo numero di telefono, il nome e il telefono di sua sorella. "Si sa mai ti servisse qualcosa una volta che ritorni", credo mi abbia detto in greco. Poi mi porge un'altro libro, dal titolo tedesco per me incomprensibile, che sa tanto di romanzo d'amore, lo apre alla prima romana e mi chiede di scrivergli i miei riferimenti. "Si sa mai che una volta vengo a Roma e ci si rivede" sembra dirmi.
Lasciata Galaxidi e la sua quiete un po' a malincuore, corriamo veloci verso il Canale di Corinto nell'improbabile tentativo di cogliere quel momento di apertura del Canale senza fare la consueta attesa all'ingresso. Via radio, contiamo su Maricel, 4 miglia avanti a noi che sembra procedere più lentamente, se la recuperiamo entriamo in corsa. 
Passaggio a Corinto "full speed"
Baro di un paio di miglia dando la mia posizione  al Canale sperando che mi chiedano di accelerare e ci aspettino. Ma no, per quanto abbia barato, il distacco è troppo: Maricell sarà l'ultima della corsa. Attendiamo quindi 40 minuti e passiamo il canale dietro una nave rimorchiata. Sappiamo che il tempo è denaro, ci accodiamo quindi allegramente, quando ci chiedono di aumentare la velocità siamo già oltre 7 nodi… "I do the best I can, Pilot, but we're a sailing boat". Era meglio se Athanasio me lo regalava quel libro.
Inauguriamo l'Egeo con una farfalla tangonata
Il pedaggio al Canale di Corinto non cambia mai: 227,12 euro, una certezza. L'addetto alla riscossione, nel suo bell'ufficio con vista sull'Egeo trascrive i nostri dati, chiedendomene conferma per ognuno. "Roma?", "Yes Roma". Poi sorride e mi chiede "Roma o Lazio?". "Direi entrambe" rispondo perplessa. Poi capisco…. "ROMA!!! E CHE DIAMINE, LAZIO BOIA!" immedesimandomi in Giovanni e parlando a nome suo. Il mio amico fa un grande sorriso e in estasi esclama "Torosidis!!!!".

E con questo calcio di rigore, entriamo in Egeo dalla porta principale.

Gente d'Argostoli

Il primo abbraccio greco è italiano. Leonardo lo conoscono tutti ad Argostoli, ti accoglie e ti aiuta a reperire ciò di cui hai bisogno. Stavolta noi non abbiamo bisogno di niente se non di fare quattro chiacchiere insieme al suo Kafeneion, proprio davanti all'ormeggio di P'acá y p'allá: il serbatoio della nafta è gioiosamente pieno, quello dell'acqua pure e non abbiamo laundry da fare. Ma non cambia nulla per lui, qui la cortesia e l'amicizia non si misurano con il portafoglio.
Leonardo, italo-greco, vive qui d'estate e in giro per il mondo fuori stagione, ha una bimba di otto anni in Inghilterra ("la lascio lì, l'educazione inglese è ottima") e un maschietto di due anni e mezzo che dall'America si è portato a Argostoli, ha imparato il napoletano e apostrofa tutte le barche italiane con un "ma che vuoiiii?" con la o stretta  e la manina chiusa a uovo.
Il Kafeneion di Leonardo
Ma a New York ci va anche per lavoro, fa da referente locale per le navi da crociera, organizza le visite nelle Ionie meridionali e si occupa delle pratiche burocratiche a terra. 
Argostoli è punto di passaggio per le barche, il porto d'ingresso migliore per chi arriva da Ovest e una sosta piacevole dopo una lunga navigazione. 
Chiedo subito a Leonardo notizie su questa nuova tassa di stazionamento per le barche straniere, varata con una legge l'inverno scorso ma non ancora entrata in vigore. E la risposta è quella che avevo intuito: "Macché tassa, gliel'abbiamo boicottata, non sarà mai applicata. Tutti insieme noi operatori del mare, con l'aiuto delle comunità locali, abbiamo fatto pressione minacciando uno sciopero fiscale totale nel caso di uscita dei decreti attuativi"
La scelta del pescato.
C'è qualcosa che in Grecia hanno capito e in Italia assolutamente no. Se il turista paga lo Stato, detrae quei soldi da quelli che spende per divertirsi. Ammesso che venga il turista, perché a quel punto potrebbe decidere di navigare altrove. Da noi invece gli operatori del mare parlano con lo stato e dicono: "se rubi tu voglio rubare anche io, raddoppiamo e facciamo ai mezzi". Questo in estrema sintesi. Alla fine perdono ovviamente: le barche vanno via, il mercato del nuovo crolla, quello dell'usato è stazionario. Alla fine perdono ma non ne capiscono il perché. In realtà, credo che non se lo chiedano nemmeno. La nautica muore, sarà colpa della crisi.
Ingresso in Grecia
Nella Port Authority di Argostoli hanno fatto le pulizie di primavera: c'è molto meno disordine dello scorso anno e devono aver archiviato i faldoni con le pratiche degli ultimi decenni. Un solo ufficiale, di poche parole ma gentile fa il suo balletto di timbri e fotocopie con le nostre carte. Ci ricorda che l'unica tassa da pagare è quella solita, l'annuale, di 15 euro…. "non pagatene altre!". Pure la Port Authority partecipa al boicottaggio.
Mini barracuda
La pizzeria Paparazzi ha cambiato gestione da poco, ma lui, l'ex proprietario, italiano di Sarno, continua a lavorare lì. Ci spiega, quando lo incontriamo al bar, che fa arrivare tutti gli ingredienti dall'Italia: farina da Frosinone, mozzarella da Salerno, pomodori sammarzano da Sarno. Quando ci vede arrivare la sera è contento. La partita è appena finita, mette un dvd in nostro onore con un film di Totò. La pizza è buona, ottimo l'impasto, anche se a Sarno non potrebbe competere. Ma qui in Grecia è un sapore speciale. Qui in Grecia tutto ha un sapore speciale.
Sento una profonda armonia. Sono le parole, quella musica dei "Kalispera, Efharistoume, Yasàs, Endaxi, Perìmene, Parakalò" che da oggi in avanti riempiranno le mie giornate nelle soste a terra. Respiro, sono a casa. 
Il lungomare mosaicato di Argostoli e la sua cicatrice recente
Sul nuovo lungomare di Argostoli disegnato a mosaico, una profonda cicatrice netta precisa e lunghissima segna il passaggio del forte terremoto di gennaio scorso. Più scosse di grado 6,3 con epicentro a 7 chilometri dalla cittadina, hanno ricordato a Cefalonia la capacità devastante e ancora oggi imprevedibile di questo fenomeno naturale che nella storia fece danni enormi.
Molte barche sono cadute  dagli invasi, molte case sono state seriamente danneggiate ma nei racconti della gente d'Argostoli, il terremoto del 26 gennaio è qualcosa di passato, ha dato un po' di lavoro in una stagione che di solito è di riposo ma ora si va avanti. 
Netta e decisa: la scossa con le idee chiare
La cicatrice sul lungomare, quella, resta lì, i soldi per sanarla non ci sono e in questa zona a forte rilevanza sismica, voler restaurare tutto sarebbe come sfidare gli dei: una inutile e pericolosa perdita di tempo. Resta lì, a futuro monito e a memoria della precarietà delle cose.
Sul bordo del lungomare, è facile notare un drappello di turisti e locali raccolti in una decina di metri lineari, con le macchine fotografiche e i visi rivolti verso il basso. Braccia di grandi e piccini si muovono ad indicare qualcosa nell'acqua. È lei, la tartaruga di Argostoli. È sempre qui, in porto, e nuota tra la banchina e le barche dei pescatori facendo colazione con gli scarti del pescato. Ci vengono incontro altri italiani con un con sul volto quell'espressione ansiosa di raggiungerci per dirci, già lo so, "C'è una tartaruga!!!"
Pulizia.
Faccio finta di essere stupita, mi disegno un sorriso e dico "Davvero???"

Mai deludere chi pensa di farti una sorpresa. Ogni uomo ha il gusto della scoperta e l'ambizione di farne partecipi gli altri. È una bella cosa, una cosa sana. Avrei potuto dirgli che quella tartaruga è qui da sempre e sua madre probabilmente prima di lei. Avrei potuto dirgli che lo scorso anno c'era anche una foca in porto ma gli avrei dimezzato la gioia. 
"Una tartaruga? Che bello!!! Grazie"
Ci sono bugie amorevoli, mentre, a volte, le verità sono sgradevolmente arroganti.

domenica 15 giugno 2014

Delle preparazioni, delle partenze e di altri pensieri.


la stagione del gennaker
Alla vigilia del nostro quarto viaggio mi accorgo che succede qualcosa.
A dimostrazione che, anche in una vita non più produttiva nel senso classico del termine, le evoluzioni esistono e le trasformazioni -se pur lentamente - fanno il loro corso.
Da 3 anni abbiamo modificato la nostra vita in "1 parte di terra, 1 parte di mare" con un dosaggio che all'inizio sembrava esageratamente speziato (troppa terra) e che sempre più, invece, mi appare equilibrato.
Intendiamoci: con la primavera, come sempre, torna per me il bisogno di scappare via, salire in barca e prendere il mare. Ma questa volta lo strappo è meno prepotente, l'ansia di fuggire meno violenta. Dopo 3 anni di questa nuova vita, terra e acqua, nelle giuste proporzioni, si sono miscelate dentro di me e hanno assunto ognuna una sua importanza.
Complice di questa maggiore leggerezza nel mollare gli ormeggi, una stagione invernale lunga, capricciosa e insistente. E una terra migliore del solito sotto i miei piedi.
delfino nel Tirreno
Sfruttando l'alibi del mio primo libro da pubblicare (Editore, ti prego dammene altri, ho bisogno di un alibi l'anno), ho vissuto più che ho potuto il mio inverno in barca, trasformata in casa e saldamente ormeggiata al Marina di Cala Galera. Mentre Giovanni riprendeva il suo lavoro in giro per l'Italia, ho stabilito come massima che in barca un libro di mare si scrive meglio, si correggono anche meglio le bozze, si scelgono meglio le foto. Balle. La verità è che  nel mio piccolo grande universo di Cala Galera d'inverno ho trovato una terra meno minacciosa per me, più accogliente, più vera di quella che mi sentivo intorno nella città dove ho sempre vissuto e lavorato.
Un marina d'inverno è fatto di grande spazio occupato da poche persone; ha quella lieve indolenza dei periodi di stanca, dove i rumori sono meno molesti, dove la terra riposa e gli uomini si preparano, con calma, alla stagione operosa che verrà. E' fatto di abitudini e di compagnia, di ritmi umani e di aria tersa, di previsioni meteo e di ormeggi da cazzare o lascare. 
Una passerella nello Stretto di Messina.
Una micro-esistenza che diventa una magnifica esistenza, fatta di cose semplici, conversazioni normali, convivialità e nuove solide amicizie. 
Ora parto sapendo a cosa torno il prossimo inverno e so già che sarà un bel tornare. La livella dentro di me è tornata orizzontale, la bolla è al centro.
Al di là di questa evoluzione, per il resto abbiamo mantenuto gli stessi difetti e compiuto gli stessi errori. All'insegna del "Poi vediamo", leit motiv di Giovanni e della mia ormai radicata incapacità a tenere i piedi per terra e la concentrazione necessaria al metodo, abbiamo rimandato tutti gli interventi di manutenzione della barca fino all'ultimo. Non abbiamo fatto elenchi, non li abbiamo quindi spuntati, non abbiamo programmato. Come sempre partiamo col rimpianto di non aver fatto qualche intervento, di non aver pulito bene il teak, di non aver installato lo strallo di trinchetta, di non avere tutto perfetto.
Ma poi la perfezione, cos'è?
con Paolo, Sonia e Claudio alla Grand Soleil Cup su Félicité
Ci siamo allungati a terra nel mese di maggio per non mancare un evento a Cala Galera: il 40° compleanno del cantiere del Pardo, celebrato con la Grand Soleil Cup il 31 maggio e 1 giugno. P'acá y p'allá ha tradito l'occasione andandosi a far dipingere la pancia a Fiumicino e passando quei giorni fuori dall'acqua invece che in mare con le sue sorelle. La colpa è nostra, della nostra scarsa organizzazione e del nostro ritardo, lei non so quanto ci metterà a perdonarcelo, sicuramente più tempo dei nostri amici Filippo e Pierfrancesco, organizzatori dell'evento. 
Però noi eravamo lì, ospiti del nostro nuovo amico Paolo, sul suo bellissimo Félicité che ci ha regalato un onorevolissimo 3° posto in classifica. 
Tramonto nello Ionio
Mentre scrivo, sono a Argostoli, già arrivata a casa. È già Grecia, dopo quello che finora è stato il nostro trasferimento record: 7 giorni da Fiumicino alla Grecia, scendendo velocemente l'Italia senza mai fermarci se non per la notte. 
Soste solo in rada a Ponza, Ischia, Cilento, Panarea, Roccella. Volevamo che l'unico porto italiano del nostro viaggio fosse l'approdo amico di Crotone. In molti mi chiedono perché mai risaliamo la Calabria Ionica fino a Crotone, invece di traversare direttamente dallo Stretto di Messina, risparmiando così una buona sessantina di miglia. Ho già parlato di questa cittadina, del suo spirito marinaro, della sua accoglienza, del calore e dell'anima di questo luogo di confine che mi ha toccato il cuore. Credo non ci sia altra risposta che posso dare loro se non l'invito ad andare a Crotone, almeno una volta e capire che passare di là, è come portar via con sé una foto dell'Italia migliore, quella che vorrei, quella che non si trova più ovunque.
La cittadina di Crotone vista dal pontile dello YKC
Posso solo aggiungere che regala fiducia vedere oggi in Crotone un'Italia che cresce, che non è spaventata dalla crisi perché nella crisi è sempre vissuta ed ha imparato a sconfiggerla con il coraggio e l'inventiva. 
Gli amici dello Yachting Kroton Club ci abbracciano con la loro ospitalità. Ugo, Francesca, Mimmo, Giuseppe, Pasquale sono gli ultimi italiani che incontriamo prima di partire e ci contagiano con la loro allegria e voglia di fare: progetti, eventi, iniziative tutte tese non al business ma alla crescita, a coltivare quel che si ha e rendere il proprio pezzo di mare migliore. Perché, come dice Francesca, "Quando ci chiedono che gruppo sanguigno abbiamo, rispondiamo che prima di tutto il nostro sangue è salato". Il mare, una vocazione.
Lungo la Calabria Ionica
Gli dei sono generosi con noi, ci hanno regalato finora 630 miglia di navigazione veloce, con venti leggeri a regime di brezza, un mare calmissimo, uno Stretto di Messina con le correnti giuste a una velocità di 12 nodi e una traversata dello Ionio con la luna piena colore del miele.
630 miglia che sono scivolate via come un bicchiere di un buon vino leggero. A guardare il bicchiere mezzo vuoto si può pensare che la bilancia della vita ci riserverà un meltemi più aggressivo del solito ma perché mai guardare un bicchiere mezzo vuoto?
il nuovo acquisto
Abbiamo dato un senso all'acquisto del tangone, utilizzando molto il gennaker a guisa di spinnaker, riprendendo velocemente i gesti automatici della vita di barca, quasi dimenticati. Tra le cose belle della mia nuova vita c'è quell'affogare nell'azzurro del gennaker quando lo ammaino, così, senza calza, semplicemente abbracciandolo e tirandolo giù. Ma non so se sono io che abbraccio lui o lui che abbraccia me, mentre Giovanni in pozzetto molla la drizza e mi chiede se sono ancora a bordo quando sparisco nell'azzurro. 
Abbiamo a bordo anche una catena dell'ancora nuova - la vecchia era più ruggine che ferro - a cui non abbiamo ancora messo i segnametri colorati sempre all'insegna del "poi vediamo". Avremmo anche un nuovo radiocomando con contametri elettronico (serviva? no, ma se rimandi la partenza in qualche modo ti devi consolare…) ma per farlo funzionare dobbiamo sostituire il piccolo magnete sul verricello che è ossidato. È sufficiente la calamita di uno di quei pupazzetti che si mettono sul frigorifero, sarà un lavoro dei prossimi giorni, con calma…. "poi vediamo".

Sul ponte sventola bandiera greca
Siamo arrivati stamattina ad Argostoli, il porto sulla costa Ovest di Cefalonia e domani si riparte. Andremo veloci perché il nuovo da scoprire in questa Grecia che ormai abbiamo visto in lungo e in largo è a circa 400 miglia da qui, dall'altra parte dell'Egeo, in quel punto di mare cattivo dove il bastardo strilla come nemmeno Grillo in piazza e vorremmo arrivarci mentre è ancora in fase di allenamento.
Prossima tappa?.... "Poi vediamo"