giovedì 4 agosto 2016

I segnali che non colsi.

Pivelli. 
Dopo 6 anni di Egeo e 3 passaggi nell'inferno del mare tra Creta e Rodi, ci siamo comportati da sciocchi. L'esperienza un po' aiuta, fa aumentare i timori, fa capire i fenomeni. 
Ma a volte l'esperienza, unita a una overdose di vento prolungata ti annebbia i sensi. E ti fa credere che quelle 12 ore di tregua in cui il vento cala a 10 nodi e ti riporta l'estate addosso siano il suo capitolare di fronte alla tua tenacia. Pensi, ok, ora finalmente tocca a me, è la mia mano. E confidi che democraticamente il tuo avversario ti lascerà uno spazio per muoverti simile a quello che si è preso lui. O anche 10 volte più breve, ma non solo quelle subdole 12 ore. 
Avremmo dovuto capire che quelle 12 ore erano un forte e chiaro segnale. Vattene via, fai più miglia possibile, allontanati da questo inferno. E invece noi siamo rimasti a godercela, come cicale ubriache che contano un po' troppo sulla propria fortuna. 
Alle 19 di ieri sera, tutto è cambiato. Non solo il vento, ma le raffiche violente da ogni direzione che già avevamo sperimentato.
Per inciso, tali raffiche che chiamavo catabatiche, ho scoperto che il buon Captain Elias, autore del miglior portolano della Grecia, definisce specificatamente a Kasos sud come whirlwinds, venti turbinanti, con tanto di disegnino grafico a tromba d'aria che chissà perché non avevo visto prima. 
La notte passa insonne ma tranquilla, l'abbiamo già vissuta la notte prima, nulla di diverso.
Stamattina cambia tutto. I turbinanti provenienti da tutte le direzioni si riuniscono in conclave e decidono di usare come portavoce quelli che vengono dalle direzioni per noi peggiori. Questi hanno un sacco di cose da dire e urlano per 15 secondi con una pausa di 5 in mezzo. L'ancora sarà ormai al centro della terra tanto è affondata, ma la scogliera è a 100metri. La barca si sdraia sull'acqua ora a dritta ora a sinistra. 
"E se spedasse?", ci chiediamo l'un altro senza chiedercelo. Non posso misurare le raffiche che mi arrivano addosso, ma l'acqua che mi colpisce fa male, brucia. Non riesco a tenere aperti gli occhi e se non mi aggrappo con tutte le mie forze volo via. Riusciamo a salvare il bimini con i pannelli solari prima che una raffica lo sradichi del tutto. 
È pericoloso salpare, per tirare su 50 metri di catena ci vogliono almeno 2 minuti e mezzo al netto delle pause per raffica, cioè ho 5 secondi buoni ogni 20.
Ma è assai più pericoloso restare...
Ti senti in trappola e allora capisci, torni in te. Devi agire, si salpa.
Quello che mi preoccupa chiaramente sono gli ultimi 20 metri di catena, oltre a tirarla sul musone. 
Qui torna in gioco quello che ieri aveva mandato il segnale, che regala una buona dose di fortuna e aiuta a compiere senza danni l'impresa, tenendomi per di più a bordo. 
Via verso Karpathos. Dio, che bello il mare aperto, con i suoi onesti 40 nodi che a questo punto sembrano 10, con la sua onda lunga, il soffiare del vento steso. 
Via verso un'altro ancoraggio, quello dove siamo ora, con lo stesso vento ma senza catabatici e turbinanti. Sogno un'isola senza vento, a un certo punto ci arriverò.
Anche se oggi non so se me lo merito.

Guarda il filmato del giorno del giorno del giudizio a kasos. Roba che spero di non farti vedere mai più.

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