venerdì 12 agosto 2016

Ormos Tristomo, Karpathos, laddove il mare diventa lago.

Ce ne sono diversi, in Grecia, di posti così: angoli di mare circondati da terra, con uno stretto passaggio per l'acqua e per la tua barca. 
Sono rifugi ma possono anche essere trappole. Entrarci è inquietante quasi sempre (posso scommettere sul pensiero comune a ogni marinaio: "e se il motore si spegne....?"), uscirne a volte è impossibile. 
Se fuori c'è burrasca, dentro sai che non arriverà, ma sai anche che per uscire dovrai chiederle il permesso. 
Senso di protezione e claustrofobia mischiati insieme. Sicurezza soddisfatta e libertà frustrata. Ventre materno e perdita di orizzonte.
Ormos Tristomo, per il portolano è "closed in summer season", Captain Elias deve aver ritenuto il termine "sconsigliato" poco efficace. 
Due scogli ingombrano l'apertura del profondo golfo, lasciando tre angusti passaggi, di cui solo uno praticabile serenamente per pescaggio. Certo con mare formato, meglio considerarlo chiuso e anche con vento e onda media fa un po' impressione ma non più di tanti ingressi portuali. 
In fondo al golfo, un mulino e un insediamento di una decina di edifici di cui la metà in rovina e l'altra metà perfettamente ristrutturati di fresco. Ad abitarlo solo 3 gatti, qualche capra e rigogliosi alberi di fico. Nessun essere umano. Sulle rive i tanti rifiuti portati dal mare che entrano dal canale stretto e più non possono uscire. 
Oltre a legni, scarpe, taniche rotte, pezzi di rete e grippiali raccontano infinite storie di mare che ognuno legge a modo suo.

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